Ricordiamo gli operai e le operaie delle Tintorie Comense (Ticosa) e Castagna, deportati in seguito allo sciopero del 6 marzo 1944 organizzato dalle cellule clandestine del partito comunista. Fu il contributo comasco alla poderosa ondata di scioperi che riguardò le principali fabbriche del nord Italia, coinvolse oltre duecentomila lavoratori, 1.200 dei quali furono deportati e in gran parte morirono di stenti, malattie e violenze nei Lager tedeschi.
Gli scioperi che denunciavano le dure condizioni del lavoro nelle fabbriche militarizzate e costrette a produrre per gli occupanti e il drammatico peggioramento delle condizioni di vita, gravate dal deprezzamento della lira, dalla scarsità degli approvigionamenti alimentari e di combustibili e dal vertiginoso aumento dei prezzi del mercato nero, ebbero un fortissimo significato politico.
Mostrarono la diffusa volontà degli italiani di resistere e lottare per la liberazione e per la fine della guerra.
Radio Londra diede con enfasi la notizia. Il New York Times scrisse: in fatto di dimostrazioni di massa non è mai avvenuto nulla di simile nell’Europa occupata che possa assomigliare alla rivolta degli operai italiani (…….) è una prova impressionante che gli italiani, disarmati come sono e sottoposti ad una doppia schiavitù sanno combattere con coraggio e con audacia quando hanno una causa per cui combattere”.
Ada Borgomainerio, Ines Figini, Rinaldo Fontana, Giuseppe Malacrida, Angelo Meroni, Pietro Scovacricchi della tintoria Comense; Antonio Carbonoli, Ariodante Gatti, Giuseppe Rodiani della tintoria Castagna vennero arrestati a seguito della segnalazione, come presunti agitatori, da parte delle direzioni delle fabbriche e imprigionati dagli agenti della polizia fascista guidati dal questore Pozzoli. Il Capo della provincia Scassellati decise per la loro deportazione e li consegnò ai tedeschi che li trasferirono nel Reich, li rinchiusero nei Lager KZ gestiti dalle SS dove furono sfruttati e spremuti come schiavi.
Solo le donne, pur con gravi problemi fisici, sopravvissero alla estrema durezza dei Lager. Il Malacrida morì pochi mesi dopo il rimpatrio, gli altri morirono a Mauthausen e Gusen.
Saremo, con un breve intervento, fra i pochi presenti alla cerimonia organizzata dal Comune di Como che si terrà al cimitero Monumentale. In loro ricordo porteremo dei fiori al monumento alla Resistenza europea, alla lapide dedicata agli schiavi di Hitler a Como e alla targa nel giardino dei Giusti a Cernobbio.
Valter Merazzi
Centro studi “Schiavi di Hitler”
Anppia Como