GLI SKLAVEN ITALIANI DI HITLER (1943/45)
di Claudio Sommaruga
Si riportano cifre orientative, valide come ordini di grandezza accettabili e mediate tra le varie fonti.
Le cifre riportate da vari ricercatori e da varie fonti non sono univoche e non sempre è possibile arguire cosa comprendano. (principalmente Luigi CAJANI, Carmine LOPS, Gabriele HAMMERMANN, Lutz KLINKHAMMER, Brunello MANTELLI, Gustavo OTTOLENGHI, Giorgio ROCHAT, Antonio ROSSI, Gerhard SCHREIBER, Claudio SOMMARUGA, Uff. Stor. SME – min.Difesa, Arch. WAST – Berlino, archivi vari italiani e della RSI).
La galassia concentrazionaria nazista
Sfruttò complessivamente, vessatoriamente o ipocritamente, quasi 25.000.000 di schiavi di 28 nazioni, dei quali 9.250.000 prigionieri militari (5.300.000 russi) e internati militari italiani (IMI), 4.350.000 deportati civili per lo più oppositori politici (di cui 2.300.000 tedeschi, dal 1933), 7.900.000 deportati razziali e diversi (ebrei, zingari, omosessuali, alienati, criminali…) e 3.850.000 lavoratori volenti o nolenti, ma cosiddetti “liberi” , emigrati o rastrellati particolarmente dalla Francia, Italia ed Europa Orientale.
I lager di detenzione furono 24 KZ di sterminio diretto od eliminazione col lavoro forzato sottoalimentato (con 9550 dipendenze e siti), 850 Lager militari e dipendenze (di cui 142 Stalag e Oflag principali), 2000 Battaglioni di lavoratori militarizzati (Bau/Bahn-Btl), alcune decine di migliaia di Arbeits Kommando di fabbrica (AK).
Tutto il Grande Reich e i territori controllati erano un immane Lager di sopraffazione dei diritti e della persona umana, quest’ultima catalogata in grandi raggruppamenti di razze: Obermenschen, i superuomini (ariani dolicocefali biondi nordici e prussiani, brachicefali bruni alpini), Menschen, gli uomini o “men che uomini” (ariani mediterranei dolicocefali bruni e pochi altri) e Untermenschen, i subumani, tutti gli altri scaglionati in caste degradanti (Euro-orientali, semiti, tarati, ecc.) o meglio Stucke, “pezzi usa e getta”, numeri inanimati…
I morti, in prevalenza ebrei e russi, furono 16.000.000 (per inedia, tifo e tbc, gas e armi…) di cui 4.600.000 militari, 4.700.000 civili e 6.700.000 “diversi” (razziali, ecc.). I superstiti furono appena 9.000.000. Ogni commento è superfluo, perché le cifre sono più eloquenti e imparziali delle parole…
Negli anni di guerra, i non idonei al lavoro (donne, bambini, anziani, inabili) venivano soppressi direttamente e al più presto; gli altri erano spremuti come olive fino alle sanse, col lavoro duro denutrito, con speranze fisiologiche di vita scientificamente ottimizzate, in un calcolo costi/benefici, per 9 mesi, salvo accorciamenti controproducenti, con 1750 Calorie teoriche giornaliere (min. 600/900, max 2000 o poco più per lavori pesanti) contro un fabbisogno, secondo il lavoro, di 2500/3500 Calorie/giorno. Il deficit energetico era fornito dalle riserve caloriche corporee degli schiavi, con un contributo complessivo annuale equivalente di 500.000 tonnellate di petrolio all’anno!
Gli schiavi italiani
Furono complessivamente 1.000.000, dei quali 716.000 internati militari (IMI) iniziali (di cui 17/21.000 prigionieri (KGF)), 44.000 deportati in KZ, forse 170.000 lavoratori civili liberi(volontari e precettati) ed infine 78.000 alto atesini (per noi, ma sud tirolesi per loro) già optanti per la nazionalità tedesca ed emigrati dal 1938 nel Reich, ma riscopertisi italiani a guerra perduta!
In queste cifre non sono compresi gli schiavi sfruttati in Italia direttamente dai tedeschi, nellaO.TODT e indirettamente nei battaglioni di disciplina del Genio (alcune migliaia di edili e ferrovieri), già coscritti renitenti della “leva Graziani” ed in parte trasferiti come ausiliari della RSI nel Reich.
I deportati politici e razziali nei KZ e Straflager Gestapo
Furono in tutto circa 44.000 dei quali 8900 ebrei e rom (6750 ebrei italiani, alcune centinaia di stranieri (dal confine francese e da Salonicco) e 1900 ebrei italianizzati del Dodecaneso), forse 30.000 “oppositori” (ex partigiani e gappisti catturati senz’armi e non giustiziati perché considerati disertori, alcune centinaia di ufficiali antifascisti rastrellati, 2200 carcerati militari di Peschiera.
A questi si aggiungono 3000 coatti IMI transitati nei KZ e Straflager (fra di cui oltre 900 ufficiali, poco meno di 400 nello Straflager di Colonia), per lo più per resistenza ideologica, sabotaggi, tentata evasione (se non giustiziati), infrazioni gravi o altro. Ma nei deportati di truppa (molti nelle fabbriche sotterranee delle V.2 di Dora) ci furono anche molti innocenti, deportati solo perché bravi minatori o specializzati, validi per guidare ed addestrare gli schiavi non qualificati.
I sopravvissuti furono solo circa 4000 “politici” e meno di un migliaio di IMI, 830 ebrei italiani e 179 dell’Egeo.
I lavoratori civili, detti ipocritamente “liberi”
All’ 8 settembre 1943 erano presenti in Germania più o meno 100.000 civili, residuali di un numero ben maggiore di emigrati italiani dal 1940, in parte rimpatriati per fine contratto, o dopo la caduta del fascismo o per ferie e sorpresi in Italia dall'”8 settembre”.
Agli emigrati si aggiunsero nel ’44, 74.000 operai emigrati volontari o rastrellati in Italia, per un decimo donne, così da raggiungere i 172.000 presenti a fine guerra, dei 246.000 emigrati complessivamente dal 1940.
Nel 1943-45 i civili deceduti per malattia o sotto i bombardamenti sarebbero 10.000.
I militari lavoratori “ausiliari”, volontari e obbligati
Al seguito diretto delle FF.AA. germaniche (Wehrmacht, Luftwaffe, Flak, nebbiogeni) o della “Todt“, mentre i “combattenti” erano inquadrati nelle SS (Waffen e Legionari della RSI, nelle divisioni allogene delle SS (italiane, sud tirolesi o miste, di altre nazionalità).
Degli 810.000 militari italiani catturati dai tedeschi, 94.000 optarono alla cattura, per opportunismo o coerenza fascista, come combattenti (14.000) o ausiliari (80.000). Dei 716.000 IMI, 43.000 optarono nei Lager, come combattenti (1 e 60.000 come ausiliari (nei Btl lavoratori militarizzati) in parte, assegnati in prevalenza alla Luftwaffe, in alternativa dopo il 1 settembre 1944, al lavoro libero “civilizzato”. I Btl, un centinaio e particolarmente del genio, avevano una forza di 500/1000 uomini inquadrati da sottufficiali e raramente da sottotenenti.
Il lavoro dei KGF
Le disposizioni iniziali dell’ OKW (Ober Kommando Wehrmacht, a immediato contatto col Fuhrer prevedevano l’eliminazione dei militari italiani resistenti con le armi, l’internamento (IMI) dei non resistenti e lo status di prigionieri di guerra senza tutele (KGF) per i resistenti catturati senz’armi, considerati come disertori badogliani, alle dirette dipendenze della Wehrmacht nelle retrovie dei fronti, non dovendo aver contatti con gli IMI e con la popolazione civile tedesca.
I KGF furono al massimo 21.000 e provenivano dalla difesa di Roma, dalla Francia e soprattutto dalla Grecia (isole Ionie, Egee, ecc.) e dai Balcani. Nei KGF venivano anche inquadrati 2.200 ex partigiani catturati senz’armi e quindi considerati disertori.
Volenti o nolenti furono inquadrati in Btl di KGF o misti o affiancati ai Btl ausiliari della Wehrmacht. Il loro status era mal definito e nelle statistiche figurano anche come IMI o ausiliari della RSI a disposizione diretta dei tedeschi. E come ausiliari li considerarono i russi che anziché liberarli come gli IMI, ne deportarono 12.000 in Bielorussia e in Siberia, in seconda prigionia, rimpatriandoli, un anno dopo, coi superstiti dell’ARMIR.
Il lavoro degli IMI
Gli IMI, internati nel Reich e nei territori controllati, in 284 Lager e dipendenze, di transito, smistamento o detenzione (una novantina nel Reich e in Polonia, un quarto con ufficiali), furono inizialmente 716.000 ridottisi in tutta la prigionia, di 103.000 unità per “opzioni” militari (42.000 combattenti e 61.000 ausiliari lavoratori).
Altre riduzioni si ebbero per lavoro civile, inquadramenti nei Bau-Btl militarizzati (fino a 60 a fine 1944, particolarmente nei Balcani e ridottisi a 28.000 a fine guerra), deportazioni in KZ (3000), decessi (51.000)
1° periodo (ott. 1943 – ago. 1944)
Forza lavoro disponibile iniziale 716.000 uomini, ridotti al 1 luglio 1944, dopo opzioni e decessi, a 588.000 IMI (di cui 499.000 nel Reich, compresi 19.000 ufficiali).
Gli IMI, come i prigionieri di guerra, sono obbligati al lavoro, ma a condizioni vietate dalle Convenzioni, sotto diretto controllo delle FF. AA germaniche nei Bau/Bahn-Btl, o come presso terzi, come manovalanza, edili, ferrovieri, minatori. La retribuzione è marginale, da 0 a 20 Lager-Mark/giorno, secondo rendimenti e multe.
Gli Ufficiali non sono obbligati a lavorare ma sono vivamente pressati: 2300 si ingaggeranno come lavoratori volontari, ma 463 verranno coatti (364/384 nello Straflager-Gestapo di Colonia)
2° periodo (set. 1944 – apr. 1945)
Gli accordi Mussolini-Hitler del 20 luglio 1944, prevedono la smilitarizzazione abusiva dei”badogliani” e la loro civilizzazione d’autorità. Gli oppositori subiranno violenze, verranno dismessi dai Lager dal 1° settembre 1944 e costretti a presentarsi agli uffici di collocamento per ottenere lavoro e la tessera annonaria per poter mangiare. L’accattonaggio è punito con la deportazione ai lavori forzati.
Il 20 agosto 1944, in molti Lager si celebra la Festa dell’apertura dei cancelli”, ma per ragioni tecniche e per la resistenza degli IMI, le operazioni di ingaggio si protrarranno fino al marzo 1945. A fine guerra a Wietzendorf verranno liberati 4000 ufficiali IMI già depennati negli archivi WAST ma che non si è fatto in tempo a precettare.
In questo periodo, di fronte al lavoro, gli imi si distinguono in:
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Ausiliari lavoratori, nei Btl, in alternativa alla “civilizzaione. Con quelli del !à periodo a fdine guerra saranno 61.000
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Lavoratori volontari: presi per fame e depressione, saranno 2/3 degli IMI. Molti, allo stremo delle forze, se non ci fosse stata la civilizzazione non avrebbero retto
– Lavoratori precettati e finti precettati (volontari sostituenti precettati per farsi un alibi) -
Coatti (i veri coatti) per lo più renitenti irriducibili, forzati al lavoro in KZ o Straflager-KZ, sotto scorta armata
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Internati residuali nei Lager, in attesa di precettazione, uffr.superiori, anziani inabili, sanitari e ordinanze.
Gli ex IMI “civilizzati“, a fine guerra saranno 495.000, da stime grossolane 2/3 volontari (per fame!) con firma di imoegno e 1/3 precettato. Tra i lavoratori figurano 8050 ufficiali di cui 5400 volontari, 2300 precettati e 358 coatti in Straflager (Muhlberg e altri), più 2300 ex IMI e militari deportati in KZ dall’Italia. I deceduti nel periodo sarebbero 10.000.
I civilizzati, alla dismissione dal Lgaer, ricevevano in RM gli eventuali accrediti maturati in LM come IMI e che poteva aggirarsi sui 1150 marchi per un S.Tenente, fino a 2100 per un T.Colonnello, godevano di un apparente ristretta semilibertà di movimento e di orario, ricevevano un salario di 120, max 180, RM/mese ma dovevano pagarsi vitto (e integrazioni alimentari), alloggio (magari nell’ex Lager), lavanderia, ecc. riuscendo difficilmente a risparmiare e solo in rari casi ad inviare rimesse in Italia.
Alla liberazione, risultavano ancora in forza alla Wehrmacht 28.000 lavoratori dei Bau-Btl e 14.000 IMI (8000 ufficiali in attesa di precettazione al lavoto, uffuciali superiori e anziani, inabili e ricoverati nei lazzaretti, un migliaio di ordinanze e un migliaio di sanitari. Rimpatriarono 560.000 ex-IMI (lavoratori e non), ma in mezzo a loro si mimetizzarono circa 40.000 civili e optanti “ausiliari”.
C’è schiavo e schiavo
Gli schiavi non sono tutti uguali ma alcuni sono più schiavi di altri.
Da almeno 5000 anni le guerre, anche per ragioni logistiche, cercavano di non fare prigionieri se non come schiavi: una fonte energetica e forza di lavoro a basso costo, approvvigionata come preda bellica. Certi raids furono solo per razziare di schiavi.
Ma gli schiavi romani o dei coloni d’America, avevano un valore commerciale, si potevano comprae, rivendere o si potevano riscattare: perciò la loro salute e vita doveva essere salvaguardata.
Diverso è il caso degli schiavi di stato: sono “vuoti a perdere”, non sono commerciabili né riscattabili, ma solo vendibili a case farmaceutiche per 170 RM o noleggiabili a fabbriche a 6 RM/giorno, nel ’44, con costi di gestione di 1,60. Gli schiavi hanno un costo ma non hanno un prezzo e valgono vivi solo in un bilancio costi/benefici: la loro morte per eccesso di sfruttamento può anche convenire finché è possibile sostituirli, cosa sempre più difficile dal 1943